LE
ASSICURAZIONI PIU’ LUNGIMIRANTI
DEL LEGISLATORE
Più
lungimiranti in che cosa? Nel capire, prima del Legislatore, che la legge
attualmente in vigore che, in teoria, dovrebbe tutelare il movimento dei
veicoli storici è sostanzialmente sbagliata e dannosa.
Ma
cominciamo con ordine. Da alcuni mesi tutte le primarie compagnie assicurative
che offrono tariffe agevolate per la copertura dei rischi RCA stanno mandando,
in forma diversa, dei segnali di disagio.
Questo
disagio deriva principalmente dal fatto che, dal loro punto di vista,
prettamente commerciale, questo tipo di polizza, che non è mai stato fonte di
lauti guadagni, comincia a presentare con maggior frequenza un segno negativo.
Cioè le somme pagate per il risarcimento dei sinistri si avvicinano pericolosamente
a quelle dei premi incassati e, per chi svolge attività commerciale, questo
rappresenta un segnale di pericolo.
Le
compagnie si sono quindi messe singolarmente ad analizzare il fenomeno ed hanno
tutte constatato che un’elevata percentuale dei sinistri sono stati causati da
veicoli della fascia tra 20 e 30 anni. Di conseguenza, hanno deciso, chi in una
forma, chi nell’altra di correre ai ripari.
E’
per questo motivo che ci sentiamo di affermare che il mercato ha capito che il
limite dei 20 anni per ottenere lo status di “veicolo di interesse storico” è
sbagliato e quindi dannoso per il movimento.
Analizziamo
quali sono gli “attori” sulla scena.
Il
primo è l’ordinamento legislativo.
Ed
è proprio qui che sta l’origine dei problemi.
Infatti
l’Art. 60 del Codice della Strada non dà una definizione diretta di quello che
si intende per veicolo di interesse storico, descrivendone le caratteristiche
essenziali, ma la lega all’iscrizione o meno nei Registri di alcuni enti
privati quali ASI, FMI, Registro Fiat, Registro Alfa Romeo e Registro Lancia.
Inoltre
l’Art. 215 del Regolamento di Attuazione del Codice della Strada fissa l’età
minima in 20 anni.
Il
secondo attore è rappresentato dai Registri.
Questi
hanno in pratica la massima discrezionalità nell’accettare le richieste di
iscrizione. Dovrebbero seguire le indicazioni della FIVA Fédération
Internationale des Véhicules Anciens
alla quale, attraverso l’ASI fanno riferimento. Lo fanno in larga parte per
quanto riguarda le caratteristiche tecniche; non lo fanno affatto per quanto
riguarda la vetustà che da molto tempo la FIVA aveva stabilito in 25 anni per passare dal
2010 ai 30 anni.
Tutto
ciò è facilmente comprensibile: più iscritti significano un bilancio più pingue e
maggiore possibilità di attuare iniziative di vario tipo.
Per
parte sua invece l’Associazione Amatori Veicoli Storici, aderente alla FIVA fin
dal 2000, ha
sempre rispettato tali limiti. Anzi, ha reiteratamente suggerito che si
passasse rapidamente dai 25 ai 30 anni.
Il
terzo attore sono i possessori dei veicoli.
Se
la Legge
riconosce la vetustà minima di 20 anni ogni proprietario di veicolo, al
raggiungimento del fatidico ventesimo anno, ha il diritto di richiedere il
riconoscimento dello status.
Non
dimentichiamo che questo riconoscimento apre la possibilità di ottenere
sensibili risparmi tanto in campo assicurativo quanto in materia fiscale (tassa
di possesso).
Quindi
se è legittimo il desiderio dei proprietari di risparmiare, il compito dei
Registri dovrebbe essere quello di effettuare una cernita accurata delle
richieste e di iscrivere soltanto i veicoli meritevoli. E questo purtroppo non
sempre avviene (ricordiamo: più iscritti
= più disponibilità).
Giungiamo
finalmente al quarto attore, le compagnie assicurative.
Alcune
sono partite in sordina negli anni ’80 offrendo delle polizze agevolate per i
veicoli di interesse storico, senza ottenere particolari risultati ma avendo in
contropartita un ampliamento del portafoglio.
In
seguito la richiesta di tale tipo di polizze è cresciuta in modo anomalo, come
anomala è stata la crescita degli iscritti al maggiore ente nazionale che, in
pochi anni è passato da alcune migliaia di iscritti ad oltre centomila.
E
questa anomalia avrebbe dovuto suonare come un campanello d’allarme.
Le
compagnie si sono trovate in portafoglio veicoli quali le più diffuse
utilitarie, le berline medie di famiglia, le grosse berline tedesche e molti
altri veicoli privi di qualsiasi interesse collezionistico ma utilizzati per le
normali attività quotidiane.
Ecco
quindi che – prima del Legislatore – stanno correndo ai ripari evitando di
assumere rischi per veicoli di età inferiore a 30 anni.
E’
con amarezza che dobbiamo constatare tutto ciò.
Infatti
non è da ieri che l’Associazione Amatori Veicoli Storici si è fatta carico del
problema della corretta identificazione e – soprattutto - della vetustà dei
veicoli di interesse storico.
Risale
infatti al febbraio 2001 il primo Disegno di Legge (DdL 5019) presentato dal
senatore Pasquini per proseguire con altri tre DdL (uno in ognuna delle
Legislature da allora susseguitesi) e finire con il DdL 946 presentato dal sen.
Camber ed attualmente all’esame della Commissione Lavori pubblici e
Comunicazioni del Senato.
Come
facilmente comprensibile, tenuto conto delle considerazioni di cui sopra,
l’iter dei DdL da noi promossi non è stato facile, prova ne sia che, dopo dieci
anni, siamo ancora in attesa dell’approvazione.
Buona
parte della responsabilità di tali ritardi va ricercata nel fatto di non aver
compreso in tempo che insistere nel voler mantenere la vetustà di 20 anni era
del tutto controproducente.
Infatti
i componenti della Commissione VIII del Senato si sono resi perfettamente conto
che i veicoli dei quali si stava discutendo erano quelli (quali i recenti
fuoristrada o le utilitarie) che si potevano incontrare ogni giorno nelle
strade delle città, da cui le loro giustificate perplessità.
Auspichiamo
che questo cambio di rotta, di fatto imposto dalle compagnie assicurative,
agevoli la conclusione dell’iter legislativo e faccia sì che al movimento si
avvicinino gli autentici appassionati e non chi si ripromette soltanto degli
ingiustificati risparmi.
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