BOLLI AUTO: IL CAOS CONTINUA PDF Stampa E-mail
Scritto da A.A.V.S.   
venerdì 20 gennaio 2012
BOLLI  AUTO:  IL CAOS CONTINUA
In questi giorni molti possessori di veicoli cosiddetti “storici” stanno ricevendo delle sollecitazioni di integrazione del pagamento delle tasse automobilistiche riferite al 2008. Questo suscita allarme e preoccupazione ma era – almeno in parte – prevedibile. Facciamo pertanto un’analisi accurata del fenomeno e delle sue cause.
PREMESSA: nel nostro Paese due sono le leggi fondamentali che regolamentano il fenomeno dei veicoli “storici”; una concerne l’aspetto relativo alla circolazione ed è il D.L. 285 del 20/4/1992 (Codice della Strada); la seconda riguarda l’aspetto fiscale ed è l’Art. 63 della L 342/2000. E, come purtroppo spesso avviene in Italia, queste leggi sono “interpretabili”.
Il disordine che affligge da decenni il movimento dei veicoli “storici” dipende sostanzialmente da un errore di fondo presente nell’Art. 60 del Codice della Strada e da una interpretazione di comodo dell’ Art. 63.
LE CAUSE DEL DISORDINE: l’Art. 60 del CdS non dà una definizione diretta e univoca di quello che si deve intendere per “veicolo di interesse storico e collezionistico” ma definisce come tali i veicoli “iscritti ai Registri: ASI, Storico Lancia, Italiano FIAT, Italiano Alfa Romeo, Storico FMI”. Ciò significa che, per lo Stato, soltanto i veicoli iscritti a uno di questi registri sono considerati veicoli di interesse storico e collezionistico.
E’ evidente come l’errata impostazione del problema provoca una profonda discriminazione tra  i possessori dei veicoli il cui “status” varia a seconda che siano iscritti o meno ad un Ente privato. Per usare una metafora cara a un nostro socio sarebbe come se i titolari di una pensione INPS potessero riscuoterla soltanto se soci della Bocciofila di Roccadianzi o del Circolo del Golf di Trenasi!
E questa impropria definizione è all’origine di molti dei disguidi (anche nel campo delle assicurazioni RCA) cui gli appassionati vanno incontro.
Passando all’aspetto fiscale, che forse è più attuale e interessa maggiormente i proprietari in quanto li tocca nel portafoglio, bisogna innanzitutto dire che l’Art. 63 della L. 342/200 è molto chiaro nei suoi contenuti ma che ad esso è stata data un’interpretazione di comodo che ne ha falsato gli intendimenti.
Infatti la succitata legge stabilisce che tutti i veicoli (esclusi quelli adibiti ad uso professionale) sono esentati dal pagamento delle tasse automobilistiche a decorrere dall’anno in cui si compie il trentesimo anno dalla loro costruzione.
Fin qui tutto bene; non ci sono dubbi interpretativi né si sono verificate contestazioni.
Il problema sorge con i veicoli di età compresa tra 20 e 29 anni. Il Legislatore (per tenere conto di quanto disposto dall’ Art. 215 del Regolamento di Attuazione del C.d.S.) ha dovuto (?) estendere questa agevolazione anche ai veicoli con almeno 20 anni. Per non generalizzare il beneficio ha però ritenuto di limitarlo ai soli veicoli “di particolare interesse storico” esemplificando delle tipologie (costruiti per le competizioni, a scopo di ricerca tecnica od estetica o per il loro rilievo industriale e di costume) ed affidandone l’individuazione all’ASI e alla FMI per i motoveicoli. Questa individuazione va aggiornata annualmente e dovrebbe logicamente contenere, se ci si sofferma sul concetto di “particolare interesse storico”, un limitato numero di modelli.
LE RESPONSABILITA’ DEL DISORDINE: mentre la FMI aggiorna annualmente e pubblica sul suo sito l’elenco – diviso per marca e modello – dei motocicli da essa individuati essere “di particolare interesse storico”, l’ASI, disattendendo un pressante invito del Ministero delle Finanze e adducendo motivazioni varie, non ha mai prodotto alcun elenco ma invia annualmente a tutti gli Enti interessati una propria “Determinazione” in cui afferma che sono da ritenersi veicoli di particolare interesse storico e collezionistico i veicoli che ”…. siano iscritti nei propri Registri ASI ai fini fiscali e venga loro rilasciato l’Attestato di Datazione e Storicità (ad probationem).”
Risulta così chiaro a chi va attribuita la responsabilità della situazione che si è venuta a creare. Ma è altrettanto evidente che analoga responsabilità compete al Legislatore che non è in grado (o non vuole) far rispettare le leggi che esso stesso ha prodotto e promulgato.
LA SITUAZIONE ATTUALE: di fronte ad una interpretazione così “disinvolta” della Legge, molti possessori di veicoli ventennali che non intendevano associarsi all’ASI hanno adottato il metodo “fai da te”, hanno cioè pagato di loro iniziativa il bollo in misura ridotta. In alcuni casi, quando accettato dalla Regione di residenza, hanno prodotto un’Autocertificazione in cui attestavano la  corrispondenza del loro veicolo ai requisiti minimi previsti dal Regolamento Tecnico ASI.
Va qui segnalato che il gettito delle tasse automobilistiche – come confermato da sentenze della Corte Costituzionale – è attribuito alle Regioni a statuto ordinario ma le stesse non hanno competenza legislativa in questo ambito.
Per quanto riguarda invece le Regioni a Statuto Speciale, queste ricadono sotto la giurisdizione dell’Agenzia delle Entrate.
Questo spiega perché – a seconda della Regione di residenza – delle richieste di integrazione delle tasse automobilistiche pervenute ad alcuni possessori certe sono state emesse dall’Agenzia delle Entrate mentre altre dall’Ufficio Tributi regionale.
LE RICHIESTE DI INTEGRAZIONE: in questo periodo di stretta economica le richieste di integrazione, che finora sono state un fenomeno numericamente trascurabile, cominciano ad intensificarsi.
Qual è il comportamento che si può suggerire ? Nei vari casi che si sono verificati negli anni passati, l’aver proposto ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale è risultato positivo. Infatti esistono svariate sentenze (alcune sono pubblicate nelle F.A.Q. del sito www.aavs.it) in cui è ribadito che non è assolutamente necessaria l’iscrizione ASI per aver diritto al pagamento delle tasse automobilistiche in misura ridotta. E, come usano dire i giuristi, una pluralità di sentenze concordi “fa giurisprudenza”.
Oltre a queste sentenze richiamiamo l’attenzione anche sulla recentissima (29 novembre 2011) Risoluzione 112/E dell’Agenzia delle Entrate che ribadisce per l’ennesima volta che  “…non viene prevista, per il riconoscimento del regime di favore, l’iscrizione nei registri tenuti dall’ASI o dalla FMI o in altro registro storico.
Anche questa Risoluzione è riportata integralmente sul sito www.aavs.it .
Le argomentazioni in essa riportate confortano, in caso di necessità, nel proporre ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale, preferibilmente con l’assistenza di qualche ente di tutela dei diritti dei consumatori.  

Ultimo aggiornamento ( venerdì 20 gennaio 2012 )
 
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